Considerazioni del giorno 07 Gennaio 2025

La cultura monumentale รจ la memoria tangibile dell’umanitร , un dialogo silenzioso tra il passato e il presente che ci invita a riflettere sulle radici della nostra identitร . Ogni monumento racconta una storia: di conquiste, sogni e cadute, ma soprattutto di creativitร  e speranza. Preservare e valorizzare questi simboli non รจ solo un atto di rispetto per chi li ha costruiti, ma un dono alle generazioni future, affinchรฉ possano trovare ispirazione nella bellezza e nella conoscenza che essi custodiscono. Proteggere i monumenti significa onorare la memoria e costruire ponti tra epoche e culture, alimentando il senso di appartenenza a un mondo condiviso e ricco di diversitร .

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L’equitazione romana rappresenta un ambito affascinante dell’antichitร  militare e culturale, soprattutto se si considera la sua evoluzione in assenza di uno strumento oggi considerato fondamentale: le staffe. I Romani, infatti, cavalcavano utilizzando selle rigide, spesso con quattro prominenze (corna), che garantivano una certa stabilitร  in sella, ma non facevano uso di staffe, strumento che sarebbe comparso solo secoli piรน tardi in Europa, portato probabilmente dagli ร€vari nel VI-VII secolo d.C. (Connolly, 1981; Nicolle, 1988). 


La mancanza delle staffe, lungi dal costituire una semplice curiositร  tecnica, influenzรฒ profondamente la forma mentis militare e l’addestramento equestre romano. I cavalieri dovevano affidarsi a una perfetta padronanza dell’equilibrio, a una muscolatura allenata e a tecniche raffinate per montare, restare in sella e combattere, spesso in condizioni dinamiche e violente (Goldsworthy, 2003). La cavalleria romana, proprio per questo motivo, non si affidava a cariche pesanti tipiche della cavalleria medievale corazzata, bensรฌ a tattiche agili, all’uso della cavalleria leggera e delle truppe ausiliarie – spesso provenienti dalle province – come Numidi e Parti, esperti nell’arco a cavallo e nelle manovre di aggiramento (Speidel, 1994). 


Anche le esercitazioni come gli hippika gymnasia, documentate da rilievi e fonti scritte, mostrano quanto la cavalleria romana fosse attenta alla disciplina e al controllo del cavallo piรน che alla forza bruta (James, 2010). L’assenza di staffe non impedรฌ quindi lo sviluppo di una cultura equestre raffinata e funzionale. L’ordine equestre romano stesso trae il suo nome da questa centralitร  del cavallo e della cavalleria nella societร  romana, non solo come strumento di guerra ma anche come simbolo di status e di disciplina (Watson, 1969). 


I cavalieri, appartenenti all’รฉlite, erano educati fin da giovani all’equitazione, la quale richiedeva coordinazione, coraggio e resistenza. L’innovazione non stava dunque nella meccanica, ma nell’addestramento e nell’organizzazione. Alcuni studiosi ritengono che l’assenza di staffe limitasse la capacitร  d’urto della cavalleria romana, ma la loro efficacia risiedeva proprio in una dottrina tattica che combinava fanteria e cavalleria in modo flessibile, rendendo l’esercito romano adatto a una straordinaria varietร  di teatri operativi (Southern & Dixon, 1996). 


L’equitazione romana senza staffe, quindi, non fu un limite, bensรฌ un esempio storico di adattamento tecnico e culturale, che mostra come anche un apparente “handicap” possa essere superato attraverso l’ingegno e la disciplina. In questo senso, studiare l’equitazione romana significa anche comprendere un diverso paradigma di guerra e di formazione militare, basato sull’uomo prima ancora che sul mezzo.


Dott. Roberto Cinquegrana


Bibliografia:

  • Connolly, P. (1981). Greece and Rome at War. London: Greenhill Books.

  • Nicolle, D. (1988). The Cavalry of the Roman Empire. Osprey Publishing.

  • Goldsworthy, A. (2003). The Complete Roman Army. Thames & Hudson.

  • Speidel, M. P. (1994). Riding for Caesar: The Roman Emperors' Horse Guards. Harvard University Press.

  • James, S. (2010). The Roman Military Costume. London: Batsford.

  • Watson, G. R. (1969). The Roman Soldier. Ithaca: Cornell University Press.

  • Southern, P. & Dixon, K. (1996). The Late Roman Army. Yale University Press.

 

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Collaborazioni

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